La ricchezza che viene dal confronto e dal contrasto

Il diavolo sulle colline, un romanzo di Pavese che scruta nelle contraddizioni dell’uomo

Della mia infanzia non mi restava altro che l’estate. Le vie strette che sbucavano nei campi da ogni parte, di giorno e di sera, erano i cancelli della vita e del mondo”.

E’ un’emozione sempre nuova leggere Pavese, è un’immersione magica nell’aria bucolica delle colline dove il suono frastornante della quotidianità perde consistenza fino ad annullarsi. Ne I diavolo sulle colline la straordinaria descrizione del paesaggio collinare, tema ricorrente nei romanzi di Cesare Pavese, è armonicamente fuso con lo snodarsi della vicenda. Lo stile letterario di Pavese risente del decadentismo e del neo-realismo: i grandi temi letterari del decadentismo (Pavese leggeva Thomas Mann) sono affrontati con il linguaggio immediato del neorealismo, motivo per cui Pavese viene accostato dai critici anche a scrittori come Pier Paolo Pasolini e Dacia Maraini.

Il diavolo sulle colline è il luogo del contrasto, il luogo dove il piacere di respirare l’aria delle colline viene interrotto dal desiderio di evasione nella grande città, dove la freschezza e l’innocenza dei tre protagonisti (Pieretto, Oreste e il personaggio narrante) si scontra con la mondana sensualità di Poli, “un giovanottone (…) con gli occhi pesti e sbigottiti” che troviamo accasciato – e sotto l’effetto della cocaina – dentro la sua automobile, in una fresca notte di collina, nelle prime pagine del racconto. “Mi piace il contrasto – dice Poli – è solamente nei contrasti che uno si sente forte, superiore al proprio corpo. Senza contrasti la vita è banale”.

Oreste, Pieretto e il personaggio che narra in prima persona, girano di notte ed è proprio così che comincia il romanzo:  “Eravamo molto giovani.  Credo che in quell’anno non dormissi mai ”.

L’incontro dei tre giovani con Poli, intorno al quale si impernia l’intero racconto, avviene nel secondo capitolo. Poli è il rampollo di una tipica famiglia borghese: la camicia di seta, la bella automobile e la decisa stretta di mano sono “cose abituali ed inseparabili da lui ”.

Il confronto tra la cultura contadina e quella delle grandi città emerge ben presto ed in questo Pavese rivela le sue idee anti-borghesi; ed ecco che un brano del romanzo è incredibilmente pasoliniano: “Gente arricchita, insopportabile (…) Com’è schifosa certa gente che fa tutto coi guanti. Anche i figli e i milioni ”. Alla alterigia di Poli, Pavese contrappone la semplicità dei tre ragazzi di collina che girano nudi sotto il sole d’Agosto. La nudità dei corpi rimanda metaforicamente alla nudità psicologica: “siamo tutti nudi senza saperlo. La vita è debolezza e peccato”.

E c’è anche il contrasto delle stagioni: d’estate la campagna è arroventata, disgustosa, “un’orgia sessuale di polpe e di succhi” mentre l’inverno è “la stagione dell’anima” quando “non c’è che scendere in noi stessi e scoprire chi siamo”.

Sulla collina si può respirare anche l’aria delle grandi città, costantemente presente nei discorsi nostalgici dei protagonisti (“Che voglia di entrare in un bar , passare davanti a un cine, far notte a Torino…”)  e persino  il profumo del mare: “mi colpì subito il sentore dell’aria” rammenta il personaggio narrante “era un odore che sapeva d’automobile, di fuga, di strade costiere e di giardini sul mare”.

Immagine in evidenza di Alessandro Coppola, “Migrando”