Dalle amnesie fino al disturbo dissociativo dell’identità
Per definire la coscienza possiamo riferirci alle parole di Jaspers (1913) secondo cui la coscienza è la consapevolezza di se stessi e del mondo oggettivo, cioè l’esperienza psichica attuale che include la totalità dei fenomeni psichici vissuti in un dato momento (lo stato di coscienza appunto).
In talune circostanze il soggetto, più o meno consapevolmente, provoca un restringimento del campo di coscienza: nei casi più comuni si tratta di amnesie allorquando lo stato psichico dominante –per evitare l’ansia- segrega memorie dolorose nonché impulsi e desideri mettendo in atto il meccanismo della repressione . In altri casi spiccatamente patologici invece ad agire è il meccanismo della dissociazione : ad esempio quando vi è la presenza nell’infanzia di eventi traumatici per la psiche del bambino la dissociazione ha lo scopo di escludere dalla consapevolezza le esperienze dolorose e intollerabili cui il bambino è sottoposto.
Questo meccanismo è alla base di svariati fenomeni dissociativi che vanno dalla depersonalizzazione al più invalidante disturbo dissociativo dell’identità. Quest’ultimo è stato precedentemente identificato come disturbo di personalità multipla la cui diagnosi richiede almeno due personalità che si alternano costantemente assumendo il controllo del comportamento dell’individuo. E’ evidente che le altre personalità non sono altre persone bensì delle rappresentazioni stereotipate e schematiche di un conflitto interiore ovvero memorie ed emozioni che sono state dissociate al fine di sopportare una sofferenza altrimenti intollerabile.
Più nel dettaglio sono duramente attaccate alcune dimensioni dell’ ‹‹io-coscienza››. Per quanto concerne la dimensione ‹‹consistenza e coerenza dell’io›› (Scharfetter, 1992, p.101), il soggetto non si esperisce più come unità, i suoi sentimenti e pensieri sono dissociati. Egli si sente dilaniato da forze divergenti e nella lacerazione c’è lo sdoppiamento, con relativa autonomia delle parti, ma c’è anche il senso di frantumazione.
Nel romanzo di Dostoevskij – Il sosia – l’eroe si sente indifeso, esposto alla mercè delle influenze esterne e, quando viene attaccato il ‹‹senso di demarcazione dell’io›› (Scharfetter, 1992, p.105), subisce un duro colpo e in luogo della identità perduta se ne insedia progressivamente una nuova.
Nel saggio sul Perturbante (1919) Freud afferma che dalla figura del doppio, ovvero del sosia, emerge il sentimento di morte dell’io, inteso come principio ordinatore del mondo. L’incontro del signor Goljàdkin con il suo sosia è forse l’incontro con il tempo della ripetizione, tempo che si prospetta spaventoso perché ripropone al soggetto porzioni di sé mai dominate definitivamente. Non si tratta di una rassicurante ritorno al passato bensì dell’irruenza minacciosa di questo nell’esistenza presente: le ombre del passato continuano ad agire, infrangono la ciclicità delle abitudini emotive ed intellettuali che formano il sentimento di consistenza dell’io.
*Integrazione Clinica all’articolo inserito in “Letture”:
La dissociazione dell’identità incontra la grande letteratura Lo sdoppiamento della coscienza nella narrativa di Dostoevskij
Bibliografia
Dostoevskij, M.F. (1846), Il sosia. Milano: Garzanti, 1991.
Freud S. Per gli scritti freudiani si fa riferimento all’edizione Boringhieri delle Opere in 12 volumi
- Il perturbante. In L’io e l’es e altri scritti, 1919, vol.9.
- La negazione, 1925, vol.1
- Dostoevskij e il parricidio, 1927, vol.10.
Miti G., Personalità multiple. Uno studio sui disturbi dissociativi.Roma: Carocci, 1992.
Scharfetter, C. (1992), Psicopatologia generale (un’introduzione). Milano: Feltrinelli, 1992.
Immagine in evidenza di Alessandro Coppola: illustrazione tratta da “Battito d’ali”, ed. L’orto della cultura 2015 www.alessandrocoppola.com