Il narcisismo e l’incapacità di amare nel romanzo di Oscar Wilde

Il ritratto di Dorian Gray, un falso eroe dei nostri tempi

di Cosimo Campagna

Alessandro Coppola: “Odore di papaveri” (Il mago di Oz, 2013) http://www.alessandrocoppola.com/gallery/

“Che cosa triste! Io diverrò vecchio, brutto, ignobile e questa pittura rimarrà sempre giovane (…) Oh, se potesse avvenire il contrario! Se potessi, io, restar sempre giovane e invecchiasse invece la pittura! Per questo sarei pronto a dare qualsiasi cosa, si (…) Darei la mia stessa anima!”

Così esclama Dorian Gray mentre osserva il dipinto che lo ritrae giovane e bello: Oscar Wilde lo descrive come un giovane dalle labbra rosse e gli occhi azzurri e i capelli biondi e ricci… “qualche cosa nel suo volto ispirava tutto il candore della gioventù, e della gioventù tutta l’appassionata purezza”.
E’ attualissimo Il ritratto di Dorian Gray, romanzo dei nostri tempi dove il culto dell’immagine si rivela onnipresente!
Il tessuto culturale in cui siamo immersi riserva uno spazio esclusivo alla giovinezza mentre il mondo dei vecchi appare sempre più marginale rispetto ad una società che sembra essersene dimenticata.
Il romanzo di Oscar Wilde è incredibilmente ricco di citazioni che inneggiano alla bellezza, virtù “più alta del genio perché non richiede spiegazioni”.
La bellezza, scrive Oscar Wilde, “è una delle grandi cose al mondo, come la luce del sole, o la primavera, o il riflesso nell’acqua cupa di quella conchiglia d’argento che chiamiamo luna. Su di essa non si può discutere: ha un divino diritto alla sovranità e rende principi coloro che la possiedono”.
Dunque la bellezza vera non è compatibile con l’espressione intellettuale perché questa è “una sorta di eccedenza che distrugge l’armonia di un volto”.

Dorian Gray, all’inizio del romanzo, è soltanto il bellissimo modello che posa nello studio di Basilio Hallward, il pittore che eseguirà il ritratto del giovane.
Lo sconvolgimento nella vita di Dorian avviene quando questi incontra Lord Enrico Wotton, uomo dissoluto che introduce il giovane ad una vita fatta di mondanità e scapestratezza.
Davanti al suo ritratto Dorian esprime il folle desiderio che il dipinto possa invecchiare al suo posto in cambio della sua stessa anima. Ed è in questo sublime passaggio letterario che Oscar Wilde coglie la quintessenza della grandiosità narcisistica che è – giustappunto – un’idea irrealistica e idealizzata di sé che nasconde in realtà un’autostima fragilissima soggetta a continue disillusioni e che per questo ha sempre bisogno di rinforzi esterni.
Ed ecco che il ritratto recherà progressivamente i segni della dissolutezza di Dorian mentre questi andrà per il mondo con il volto incredibilmente giovane, in balìa di una ricerca ossessiva di potere e di bellezza che attanaglia ogni narcisista.
Si, la vita aveva deciso per lui: la vita e la sua infinita curiosità di vita. Eterna giovinezza, passioni senza termine, piaceri sottili e segreti, sfrenate gioie e sfrenati peccati: egli doveva avere tutto ciò
Il solo modo per liberarsi di una pulsione è quello di abbandonarvisi e Dorian si lascia trasportare dal fiume dei suoi desideri certo che i sensi, non meno dell’anima, sapranno disvelargli i segreti dello spirito.
Noi siamo puniti dalle inibizioni che ci imponiamo, ogni impulso che cerchiamo di soffocare fermenta nella nostra anima e ci intossica. Il corpo pecca, ma una volta che ha peccato ha superato la sua colpa perché l’azione è una forma di purificazione

L’incapacità di amare di Dorian si palesa nella difficoltà ad empatizzare con i sentimenti e i bisogni di coloro che incontra e nella ricerca convulsa del piacere che è però soltanto un modo maldestro di anestetizzare il dolore e tentare invano di colmare un vuoto immane!
Soltanto nell’ultimo capitolo Dorian Gray si ritrova a maledire la bellezza e la gioventù tanto invocate ma altresì causa della sua rovina.

Una nuova vita! Ecco verso cosa propende Dorian Gray alla fine del romanzo ma per poter rinascere dovrà distruggere il ritratto che nel frattanto si è progressivamente macchiato delle sue colpe. E’ questo il brano forse più simbolico di tutto il romanzo che racchiude il concetto di falso sé – tanto caro alla psicoanalisi – ovvero di una personalità che non è più a contatto con gli elementi di genuinità e autenticità.
Quanti sono i Dorian Gray che attraversano le strade delle nostre città? Quanti vagano alla ricerca spasmodica di qualcosa che possa accendere la loro fragile emotività?
E intanto la giovinezza si dilegua, si prende beffa di loro perché “la tragedia della vecchiaia non è il diventar vecchi ma il rimaner giovani!

Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray, Rizzoli, Milano