I classici della letteratura sono lezioni di Psicologia Dinamica

I grandi scrittori hanno intuito le teorizzazioni di Freud*

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Alessandro Coppola: “Gufiore” (Le Gufilatrocche Ed. La Toletta 2014)

I poeti e i filosofi hanno scoperto l’inconscio prima di me: quello che io ho scoperto è il metodo scientifico che consente di studiare l’inconscio”.

Questa affermazione freudiana individua perentoriamente la genealogia della nozione di inconscio e legittima ancor di più l’accostamento proposto tra scrittura e psicoanalisi.

I romanzi costituiscono una inesauribile miniera di spunti di psicologia dinamica, anticipando di qualche decennio i tempi delle “scoperte” freudiane. I grandi scrittori del passato non soltanto hanno dispiegato ampiamente la complessità della psiche ma in alcuni casi hanno anticipato lucidamente alcune elaborazioni freudiane.

Un passo de L’idiota (1868) di Dostoevskij descrive la straordinaria sensazione che proviamo al risveglio ogniqualvolta ci accorgiamo di aver lasciato, insieme al sonno, un mistero insoluto: “Noi sorridiamo per l’assurdità del sogno e, contemporaneamente, sentiamo che nell’intreccio di queste assurdità si racchiude un pensiero, un’idea effettiva, un non so che di indefinibile (…) che esiste ed è sempre esistito in fondo al nostro cuore

Questa constatazione (Dostoevskij, 1986, p.568) non prelude forse a L’interpretazione dei sogni di Freud?

Sempre ne L’idiota (ibidem, p.71) il principe Myskin, personaggio centrale del romanzo, racconta una sensazione di angoscia scaturita dalla contemplazione della bellezza: “Giungemmo a Lucerna e mi condussero sul lago in barca. Comprendevo la sua bellezza ma, nello stesso tempo, mi sentivo molto oppresso (….)Provo sempre un senso di pena e di inquietudine, quando contemplo per la prima volta un simile quadro della natura. Ne sento la bellezza, ma mi riempie di angoscia”.

In Caducità (1915) Freud rievocherà una situazione straordinariamente simile: egli passeggia “in una contrada estiva in piena fioritura” in compagnia di un giovane poeta il quale contempla la caducità delle cose, il “loro precipitare (…) nella transitorietà” fino alla negazione di ogni loro valore.

Le pagine di questo sito non intendono proporre una interpretazione psicodinamica dei romanzi colta a tracciare un profilo psicologico dello scrittore: le interpretazioni in questa direzione, molto diffuse fino a qualche tempo fa, sono state metodologicamente superate.

La letteratura non è soltanto il prodotto delle proiezioni dell’io bensì anche possibilità, creatività, insomma libertà. Certo, è inevitabile che le opere letterarie traggano spunto dalle vicende private dell’autore ma qui, tuttavia, si tratterà di concepire l’attività artistica come specifica e oltrepassante il privato, recuperando il senso di una autonoma creatività.

I classici della letteratura sono autentiche lezioni di psicologia dinamica, illuminano i molteplici aspetti della psiche facendone risaltate i conflitti e le contraddizioni!

Purtroppo quello che sarebbe potuto essere uno stimolante confronto tra letteratura e psicoanalisi, è sfociato spesso in una traduzione pedante ed ossessiva conclusasi sempre con una elencazione dei sintomi o delle nevrosi dei personaggi letterari e dei loro autori. L’accostamento della letteratura alla psicoanalisi è invece auspicabile nella misura in cui contribuisce ad una più complessa comprensione della psiche.

Muovendosi in questa direzione, Stefano Ferrari (1994, p.46) auspica il superamento di quegli approcci psicoanalitici dell’arte estremamente riduttivi, tendenti a ricondurre la complessa dinamica identificatoria, sottesa alle trame romanzesche, alla logica scontata secondo cui l’autore si identificherebbe coi suoi personaggi, appagando tramite essi i propri desideri. Si tratterà qui di ribadire gli aspetti costituitivi e normali, anzi creativi dei processi di identificazione, nonché di ricordare l’importanza dell’opera letteraria in sé al di là dello psichismo dello scrittore.

Secondo Ferrari (1994, p.61) i personaggi romanzeschi costituiscono le molteplici porzioni dell’io dello scrittore, non nel senso scontato secondo cui rappresenterebbero i suoi desideri e le sue angosce ma in quanto rappresentanti delle innumerevoli possibilità di di spiegazione dell’io. La letteratura quindi, oltre a costituire la replica delle identificazioni private e personali di chi l produce, propende verso la libertà e lo svincolamento dal privato divenendo così gioco, piacere, possibilità!

Lo Verso e Fiore (1994, p.122). pur riflettendo sulla natura del pensiero immaginativo, non si discostano granché dalla questione dell’arte come riparazione. I due autori si riferiscono criticamente ad una affermazione di Freud (1907) secondo cui “l’uomo felice non fantastica mai; solo l’insoddisfatto lo fa”.

Dalla contrapposizione freudiana tra pensiero immaginativo e pensiero razionale emerge che solo quest’ultimo merita l’attribuzione di positività. Freud relega nell’infanzia il pensiero immaginativo e quando questo continua persistere nell’età adulta siamo al cospetto di una psicopatologia.

Lo Verso e Fiore, così come gran parte della attuale ricerca psicoanalitica, tendono al superamento della posizione secondo cui allucinazioni e sogni ad occhi aperti testimonierebbero un conflitto inconscio sottostante.

L’immaginazione, infatti occupa un posto cruciale nella “normale” vita dei singoli e della collettività; essa assolve ad una funzione di regolazione assimilabile a quella svolta dal sogno nelle ore notturne. La vita non si esaurisce tout court nel tempo della azione perché gli uomini, spontaneamente, si concedono talvolta una “vacanza” nella immaginazione. Non solo l’immaginazione è parte integrante della vita ma, altresì, costituisce la premessa affinché possano generarsi delle trasformazioni.

L’immaginazione “anticipa e accompagna la trasformazione”, cioè si può agire una trasformazione solo se questa viene prima “sognata”.

*Integrazione all’articolo  Il naufragio del Sé  Tracce di Psicologia Dinamica nei romanzi di Fedor Dostoevskij

 

Bibliografia

Cantoni, R. (1948), La crisi dell’uomo. Milano: Mondadori.

Dostoevskij, M.F. (1846), Il sosia. Milano: Garzanti, 1991.

Dostoevskij, M.F. (1868), L’idiota. Milano: Garzanti, 1986.

Fachinelli, E. (1989), La mente estatica. Milano: Adelphi.

Ferrari, S. (1994), Scrittura come riparazione. Verona: Laterza.

Freud S. Per gli scritti freudiani si fa riferimento all’edizione Boringhieri delle Opere in 12 volumi.

Il poeta e la fantasia, 1907, vol.5.

Caducità, 1915, vol.8.

Dostoevskij e il parricidio, 1927, vol.10.

Il disagio della civiltà, 1929, vol.10.

Grossman, L. (1961), Dostoevskij artista. Milano: Bompiani.

Lo Verso, G. et al. (1994), Le relazioni soggettuali. Torino: Bollati Boringhieri, 1994.

Morpurgo, E. (1987), Il segreto della camera chiusa ovvero il paradosso della scrittura. In Morpurgo, E., Egidi, V. (a cura di ), Psicoanalisi e narrazione. Ancona: Il lavoro editoriale, 1987.

Rella, F. (1981), Il silenzio e le parole. Milano: Feltrinelli, 1981.

Spence, D. P. (1982), Verità narrativa e verità storica. Firenze: Psycho, 1987.